Christine, la brava Sylvie Testud, che, per interpretare la parte ha dovuto precedentemente stare per diverso tempo a contatto con persone realmente malate e fisioterapisti, è una giovane paraplegica colpita da  sclerosi multipla, venuta a Lourdes senza la vera consapevolezza di chiedere un miracolo di guarigione, ma, secondo le sue parole, il viaggio nella città dei pellegrinaggi, è uno dei tanti che fa per non annoiarsi: più volte, nel corso della storia,  la sentiremo ripetere che ama maggiormente Roma e i viaggi culturali ...


Tra le prime scene, la macchina da presa scorre velocemente su Christine che viene spinta sulla sedia a rotelle lungo le strade di Lourdes: sullo sfondo, l’affollarsi dei souvenirs delle statuette della Madonna, un veloce approccio e riferimento all’aspetto più commerciale e superficiale del luogo.

Il film è si centrato sulla realtà del “miracolo”, ma ciò che emerge maggiormente è la volontà dell’autrice di soffermarsi sulla natura umana, indagando sulle varie e molteplici reazioni dell’essere umano di fronte ai suoi simili, nei confronti della malattia e della “diversità”, intorno ai sentimenti che costituiscono la nostra natura: rabbia, invidia, compassione ...

... il miracolo inteso, in questo senso, forse più come miracolo dell’anima che del corpo...


La Hausner affronta questi temi muovendosi tra dramma e ironia, tra cinismo e pietà, come è stato osservato da una parte della critica, guardando in questo senso  al grande cinema di  Bunuel; insiste sulla ripetitività dei gesti e delle azioni svolte ogni giorno dai pellegrini: l’ora del pranzo, delle abluzioni, della preghiera, ...

... e ancora ironizza sul gruppo dei Cavalieri di Malta e sul loro volontariato: l’accompagnatrice di Christine, bella, giovane, sana, imbastisce simpatie e flirt con alcuni dei suoi colleghi  e sarà colei, alla chiusura del film, che durante la festa finale al pellegrinaggio, dopo la consegna del premio al “miglior pellegrino” si esibirà, ancora una volta con grande ironia della Hausner, nella canzone di Al Bano e Romina, “Felicità”...

Ma Christine, pur nella sua solitudine e “diversità”, viene presentata come una creatura che la malattia non ha incattivito; sempre gentile, sorridente, paziente nel farsi spostare quotidianamente dalla sedia a rotelle al suo letto, qui, a Lourdes, si è recata senza aspettarsi nulla ...

Le continue domande poste al sacerdote che accompagna il gruppo sulla natura del “miracolo”,(“ che cosa bisogna fare per essere miracolati?”), ricevono qui sempre risposte vaghe e metaforiche dal punto di vista teologico, così come banale ci appare la sua domanda rivolta a Christine durante il momento della confessione:


“Che cos’è una vita normale? Credi che chi ha l’uso delle gambe sia necessariamente una persona felice?”


Dove lo sguardo e l’espressione di Christine ci suggeriscono una risposta affermativa ...

Eppure il “miracolo”, tocca proprio a Christine, se di miracolo si tratta, e questo poco dopo che la direttrice del gruppo, figura femminile costantemente presente, viene colpita da un grave malore: la donna aveva rivelato a Christine di averla vista in sogno con Maria; dopo la probabile guarigione, Christine prenderà il posto della direttrice sull’autobus che condurrà i pellegrini in montagna: avviene così lo “scambio” delle due vite, quella di Christine e quella della direttrice ...

E così, sotto lo sguardo invidioso di una madre che sperava fortemente  che il miracolo potesse guarire la figlia inferma, sotto gli occhi di tutti coloro che, chi per invidia, chi con grande curiosità, osserva l’inspiegabile scelta di Dio su Christine, la giovane donna si ritrova, improvvisamente, una mattina, ad alzarsi dal suo letto e a compiere gesti comuni, come il guardarsi allo specchio e il pettinarsi i capelli, senza aver chiesto nulla ...


... e la sua giornata continuerà a svolgersi attraveso questi semplici azioni, mangiando un gelato, passeggiando assieme ad uno dei volontari che già aveva attratto il suo interesse.

Tutto il film è percorso da vari e sottili dualismi e contrapposizioni: la fede, il laicismo, coloro che credono e coloro che non hanno fede, la luce, il buio, note di musica sacra, quelle di Bach, canzoni di musica leggera come quella finale di Al Bano ... Christine, nel santuario, dopo il miracolo, sta seduta da sola e riflette, in silenzio; alla sua destra, due colonne, lei appare in luce, le colonne immerse nel buio, e il suo sguardo è rivolto verso quell’oscurità ...



...la cosa più importante non è avere una risposta riguardo alla natura del miracolo, bensì il fatto che la protagonista abbia una consapevolezza in più rispetto a quando era partita riguardo alla transitorietà della vita e alla sua ‘finitezza’...


... la mia idea è che il concetto stesso di ‘salvezza’ risulti essere molto relativo. Cosa significa salvarsi? È una risposta personale da parte di ciascuno di noi...



Jessica Hausner

Ma alla fine della storia, proprio mentre Christine assapora il gusto dei “piccoli piaceri quotidiani”, mentre sta ballando con Kuno, inciampa e cade: si rialza, di fronte allo stupore e al sussurrio di tutti e con timidezza e un leggero sorriso, accetta di accomodarsi sulla sua sedia a rotelle, mentre il suo accompagnatore, si allontana da lei ... del resto, durante la visita medica conseguente al miracolo, i medici avevano parlato di un possibile miglioramento momentaneo, così come sappiamo che le guarigioni di Lourdes devono essere, per poter affermare che ci sia stato realmente un miracolo,  “complete e irreversibili” ...


E’ così che ci lasciano Christine e la sua creatrice, nell’interrogativo di un possibile miracolo; ed è qui che il film della Hausner si distacca da “Ordet” di Dreyer: se nel primo rimane l’interrogativo di un possibile miracolo, nel secondo, il miracolo avviene ... nella forma della Resurrezione.


Qui non si vogliono dare delle risposte, al contrario, a tutte le domande poste nel corso del film, da parte dei volontari, da parte dei pellegrini, da quella degli infermi, non vi è mai risposta, ciò che si vuole è porre degli interrogativi, ma, a quanto pare, non è nell’intenzione dell’autrice soddisfare le loro e le nostre domande.

La Hausner, nelle sue interviste, ha inoltre affermato di essersi ispirata ad autori come il finlandese Aki Kaurismaki e al bel film del’55 di Carl Dreyer, “Ordet - la parola”; si tratta senz’altro di uno stile nordico, austero, dove si lavora più per sottrazione che per affollamento di parole ed immagini; la macchina da presa si sofferma lungamente sui soggetti, bloccandosi sovente su di un particolare, nel silenzio, dilatando il tempo e lo spazio che diventano realtà quasi prive di fine...

Scheda del film ( tratto da internet)

Nazione: AUSTRIA, GERMANIA, FRANCIA

Anno: 2009 

Regia: Jessica Hausner

Cast: Sylvie Testud (Christine)

Léa Seydoux (Maria)

Bruno Todeschini (Kuno)

Elina Löwensohn (Cécile)

Irma Wagner (Pilgerin)

Gilette Barbier (Hartl)

Gerhard Liebmann (Nigl)

Fotografia: Martin Gschlacht

   Le immagini fotografiche sono tratte da INTERNET

 
 

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