Tutta l’opera nella sua complessità è pervasa dalle contrapposizioni continue di elementi e dimensioni che presentano sé stessi e il loro contrario; dimensione comica e seria, banalità e unicità, spiritualità, iniziazione e dimensione terrena ... il tutto immerso in quell’atmosfera fiabesca e meravigliosa cara al periodo settecentesco e illuminista, dove i magici suoni di flauti e Glockenspiel, natura e animali fantastici, esprimono i temi centrali dello stesso illuminismo: l’uomo, nel suo percorso verso l’amore universale  e attraverso il raggiungimento della ragione e della saggezza, tende a fondersi con la natura.

Oltre a ciò, i riferimenti ai princìpi massonici, ai quali sia Mozart che Schikaneder appartenevano, pervadono l’intera opera fin dall’inizio: i riti di iniziazione per poter entrare a far parte dei misteri e della luce, le preghiere verso le due divinità egizie Iside ed Osiride, la numerologia, la soteriologia e la misteriologia ... il numero 3 è in assoluto l’elemento che ricorre sia dal punto di vista musicale e sia nel presentare i personaggi in gruppi di tre; le tre battute iniziali di accordi solenni, Tamino, Pamina e Papageno, le tre dame, i tre fanciulli, ecc...

Una scena da “Il flauto magico”

di I. Bergman, 1974

L’attore Tom Hulce nei panni di Mozart,

nel film “Amadeus” di M. Forman del 1984

Il tutto è dominato dal forte aspetto comico e dall’Hanswurst viennese che con le sue peculiarità umili, semplici e popolari si incarna nella figura di quello strano personaggio che è l’uccellatore Papageno.

Dal punto di vista della partitura, gli stili usati da Mozart sono magnificamente vari  e diversi: il tempo di base è un allegro con riferimenti all’ouverture francese, l’uso del Lied viennese, del corale luterano con riferimento alla musica di Bach ed Handel, quindi l’aria

italiana sia seria che buffa (le arie di Pamina e della Regina della notte), ed infine il recitativo accompagnato secondo la riforma di Gluck.


L’opera, che si divide in due atti e rispettivamente in due e sei quadri, è ambientata in un ipotetico antico Egitto; il giovane principe Tamino (il cui nome, come quello di Pamina è di origine egiziana), in abiti da caccia, è inseguito da un serpente, così invoca gli dei e cade svenuto; si apre il portale del tempio dal quale escono le tre dame della Regina della notte, le quali, colpite dalla bellezza di Tamino,  uccidono il serpente e rientrano dalla regina.


Nel frattempo Tamino riprende i sensi e sente in lontananza il suono di uno zufolo; entra in scena Papageno, una strana creatura che originariamente indossa un abito di piume e ha sulle spalle un’uccelliera: è una creatura semplice, che si preoccupa solo di mangiare, bere e trovare una giovane moglie.


Papageno spiega al principe che il suo lavoro è quello di catturare uccelli per la regina Astrifiammante in cambio di cibo e vino; inizia quindi a vantarsi di essere stato lui ad uccidere il serpente. Le tre dame ricompaiono sulla scena e, per punizione, gli tappano la bocca con un lucchetto, raccontando la verità a Tamino e chiedendogli di salvare la figlia della regina portata via da un essere malvagio: Sarastro. Tamino, visto il ritratto di Pamina, subito se ne innamora.

L’attore Kenneth Branagh sul set del film

“Il flauto magico” del 2006

Dal 20 marzo al 3 aprile 2011, si replica al Teatro alla Scala di Milano

“Die Zauberflöt”, “Il flauto magico”.

L’opera nacque dall’amicizia tra Mozart e l’attore Emanuel Schikaneder, autore del libretto e interprete iniziale del personaggio di Papageno; la sua prima rappresentazione - già definita nel luglio 1791 “Eine teutsche Oper in 2 Aufzügen” (un’opera tedesca in 2 atti) - ebbe luogo a Vienna al Theaterauf der Wieden il 30 settembre dello stesso anno.

Dopo tre fragorosi tuoni, compare la Regina della notte, la quale annuncia a Tamino che se lui la porterà in salvo, la potrà avere in sposa. Papageno viene liberato dalle tre dame le quali gli donano un carillon magico e lo convincono ad accompagnare il principe, al quale consegnano un flauto anch’esso dai poteri magici.

I due si incamminano verso il castello di Sarastro, ma Pamina nel frattempo è fuggita dal suo sorvegliante Monostatos, il quale riesce nuovamente a catturarla ed è intenzionato a possederla. L’arrivo di Papageno glielo impedisce ed egli la informa che presto arriverà un principe innamorato di lei a salvarla.


Nella scena successiva Tamino si trova di fronte ad un tempio il cui ingresso è composto da tre colonnati: è il Tempio della Saggezza, il quale conduce ad altri due templi, quello della Ragione e quello della Natura; tre fanciulli gli raccomandano silenzio, fede e costanza.

Dalle prime due porte viene respinto, mentre dalla terza esce l’Oratore, il quale spiega a Tamino che la Regina della notte lo ha ingannato; infatti Sarastro non è un malvagio e Tamino potrà apprendere tutta la verità non appena diventerà un iniziato del tempio.

con la testa incappucciata, vengono condotti al tempio per essere iniziati alla Confraternita mediante delle prove.

Ai due vengono rivolte domande rituali: Tamino vedrà la sua Pamina e Papageno la sua Papagena, ma dovranno restare in silenzio. Ricompaiono le tre dame, le quali tentano di convincere Tamino e Papageno di non dare ascolto a Sarastro; quindi, fuggono.


Nella terza scena del secondo atto, Pamina giace dormendo; un fragoroso tuono annuncia l’arrivo della regina Astrifiammante che, appreso dalla figlia che Tamino si è consacrato alla confraternita dei sacerdoti, le rivela che suo padre, prima di morire, aveva consegnato ai sacerdoti il cerchio del sole con i suoi sette raggi e che essa non possiede più i poteri.

Ordina così a Pamina di uccidere Sarastro con il pugnale che le offre altrimenti non vorrà più vederla. Pamina esclama che non può farlo. Compare ancora una volta Monostatos, ma è Sarastro questa volta che la salva spiegandole che all’interno del tempio non esiste vendetta ma solo l’amore.

Nel frattempo Papageno proprio non riesce ad obbedire al silenzio. Gli appare una vecchia che gli offre acqua da bere e gli confida di avere già un giovane innamorato di nome Papageno; con stupore egli rimane alquanto contrariato.

Quando Pamina e Papageno corrono verso il suono del flauto di Tamino vengono però scoperti da Monostatos; Papageno inizia a suonare il suo carillon magico e Monostatos con i suoi schiavi si ritira danzando.

Entra in scena Sarastro a seguito del corteo inneggiante; Pamina gli chiede perdono per essere fuggita e Sarastro, pur comprendendo l’amore che ella nutre per Tamino,  le spiega che non può ancora liberarla e che sua madre è indegna di regnare.

Monostatos, che ha preso prigioniero Tamino, viene fatto frustare e Tamino e Papageno,

Entrano i tre fanciulli che portano cibo e vino; Papageno inizia a mangiare e Pamina, vedendo che Tamino non le rivolge la parola, crede che egli non la ami più e se ne va piangendo.

Ritorna la vecchia che Papageno aveva incontrato, la quale gli consiglia  di accettarla in moglie; Papageno accetta suo malgrado, e immediatamente la vecchia si trasforma in una giovane fanciulla, Papagena, che però viene portata via da un sacerdote perché lui non è ancora degno di lei.

Pamina, che interpreta il silenzio dell’amato come un rifiuto vuole uccidersi, viene salvata dai tre fanciulli e condotta dal suo Tamino, il quale deve ancora purificarsi attraverso fuoco, acqua, terra ed aria per essere degno del cielo e del culto di Iside.

Pamina vuole accompagnarlo nelle prove e gli dice di suonare il flauto che li aiuterà a superare i pericoli: Tamino e Pamina attraversano un corridoio di fuoco mentre lui suona il flauto e ne escono illesi.

Sul podio del Teatro alla Scala, il giovane direttore tedesco Roland Böer.

La regia e le scene sono affidate a William Kentdridge, artista poliedrico sudafricano, al quale Milano, proprio in questi giorni, sta dedicando una serie di mostre e spettacoli. La sua impostazione scenica si propone come chiave di lettura di tutta l’opera, condensata nella macchina fotografica, nella

contrapposizione  di luce/oscurità, di chiaro e scuro, negativo e positivo.


Sul palcoscenico, l’essenzialità: i personaggi rappresentano loro stessi, nei loro costumi sostanziali; ogni elemento o attributo che li può caratterizzare e che rientra nella loro iconografia, viene proiettata sullo sfondo delle scene.

Immagini in bianco e nero, linee bianche curve, tratteggiate, figure geometriche, simboli, “mimano” sullo sfondo gran parte della storia, unendosi alla musica, al canto, al recitato.


Se da una parte è innegabile l’originalità dell’allestimento dato da Kentdridge, è altresì vero che lo spettatore, con estrema facilità, rischia di doversi concentrare troppo sull’afferrare velocemente il significato di tali simbologie, perdendo di vista, talvolta, l’azione scenica e musicale.

Papageno invece è fuori e disperato perché non ha la sua Papagena e teme di non rivederla più avendo disobbedito al silenzio imposto.

Mentre decide di togliersi la vita, tre fanciulli gli consigliano di suonare il carillon magico: Papagena riappare. Qui si inserisce il famoso duetto “Bei Männern, welche Liebe Fühlen’ “.


La Regina della notte, che aveva promesso Pamina a Monostatos, scompare nelle tenebre con i suoi seguaci e Sarastro annuncia la vittoria della luce sulle tenebre:

il coro finale in mi bemolle

è un ringraziamento ad Iside e Osiride.

L’opera mozartiana può essere letta come la trasposizione dei riti di iniziazione massonica, carica delle allegorie e dei simbolismi che vedono le contrapposizioni tra il bene - luce della ragione - e il male - l’oscurantismo, rappresentati rispettivamente dal regno di Sarastro e quello della Regina della notte; con la stessa chiave di lettura, può essere visto il percorso di Tamino e Pamina attraverso dure prove (il fuoco), per arrivare al raggiungimento della pienezza spirituale attraverso l’amore.

Ancora una volta tutto ciò in contrapposizione alla dimensione elementare e semplice di Papageno, che alla fine, in ogni caso, sarà premiata con la sua desiderata Papagena: solennità e quotidiano, semplicità e sublime, comico e serio, concorrono, in  perfetta armonia stilistica musicale, a dare vita e a riassumere tutta la genialità e l’essenza dell’opera mozartiana.

Dal punto di vista del canto e della presenza scenica, risultano in parte poco significative e prive di particolare spessore le voci e le interpretazioni di Sarastro (Günther Groissböck) e Papagena (Ailish Tynan), così come le interpretazioni di Tamino (Saimir Pirgu) e Pamina (Genia Kühmeier), mancano di coloritura e vitalità vocale, non facendo evidentemente emergere la vera natura e personalità dei due personaggi mozartiani. Lo stesso dolore di Pamina, espresso nell’aria “Ach, ich fuhl’s” (Ah lo sento, è svanita! Andata per sempre la felicità dell’amore!), dovrebbe essere una delle arie più significative scritte da Mozart, ma si va invece perdendo senza il dovuto spessore scenico.


Spezziamo invece una lancia in favore dell’interprete della Regina della notte (Albina Shagimuratova), che con i suoi sopracuti ha saputo dare una bella prova  soprattutto nella famosissima aria “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen” (La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore), anche se la presenza scenica non suggerisce esattamente l’idea della Regina terribile.


Ci è piaciuto invece per l’interpretazione Alex Esposito nei panni di Papageno: oltre a cantare in un bel tedesco, riesce a dare vita e spessore a tutta l’opera; attraverso un ampio uso del gesto e della mimica, caratterizza e vivacizza efficacemente la comicità e l’ironia del personaggio.

E ora godetevi l’ouverture di Die Zauberflöte  diretta da Arturo Toscanini

e la BBC  Symphony Orchestra al Queen’s Hall di Londra il 2 giugno 1938 ,


... buon ascolto  da ViaggiArte ...

 

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Interessante la lettura dell’opera, colta e al tempo stesso raffinata. Noto una profonda critica dell’autrice nei confronti della compagnia ... sembra che in fondo in fondo solo Papageno si salvi. Non è forse stata troppo critica?!

Mi piacerebbe una maggiore focalizzazione su di un aspetto che ritengo fondamentale: che ne pensa del rapporto tra libertinismo e rigore morale presente nell’opera mozartiana, intesa da taluni come opera di passaggio proprio da uno stile poco illuminato ad uno legato ad una interiore ricerca di verità assoluta? che ne dice di una lettura che si potrebbe vedere congiunta nella relazione “sponsale” delle due coppie Tamino-Pamina / Papageno-Papagena e le due figure singole della regina e del vecchio maestro-sacerdote Sarastro? che dire del coraggio delle figure femminili e della loro compenetrazione con il lato maschile, ora virile di Tamino ora materiale di Papageno?


Spero in una risposta e commento.

Grazie


Mario B.