la serie

... e che fiction sia ...

Lenny viene abbandonato da bambino dai genitori e accolto e cresciuto in un orfanotrofio da suor Mary, interpretata da Dyane Keaton, chiamata a divenire il suo “ segretario particolare” ad elezione avvenuta. Lenny, che ha solo quarantasette anni, viene inaspettatamente eletto papa da un conclave che al posto di scegliere tra due forti elettori si rifugia in un terzo. Viene eletto al posto del suo mentore, il cardinale Spencer, da un collegio cardinalizio che, forse, pensava di trovarvi un soggetto assai malleabile, la persona adatta da manovrare e che invece si rivela essere da subito intransigente e deciso ...

La prima puntata si apre con una scena tra il visionario e il surreale: la figura di Pio XIII nasce da una montagna di neonati dormienti uno sull’altro, quasi a voler mimare la nascita di una nuova Chiesa, giovane, pura ... o forse richiamando una serie di innocenti che ha troppo sofferto a causa della Chiesa ...

All’interno del racconto, come vuole qualsiasi serie televisiva che si rispetti,  vi sono dei personaggi che ritornano in ogni puntata. Il cardinale e segretario del papa è monsignor Voiello ( che sia un caso l’assonanza con l’azienda che produce la pasta?!); tra un’invocazione d’aiuto al “Pipita” e uno scaltro arrangiarsi mondano sferra anche qualche battuta tipica del mondo clericale:

un’enciclica è come la Recherche di Proust: tutti la citano, ma nessuno l’ha mai letta ...”. Monsignor Gutierrez è il maestro delle celebrazioni liturgiche,  con lui Lenny stringe forse l’unica vera amicizia e nutre una sorta di fiducia oltre, naturalmente, a quella riposta in suor Mary.

C’è poi il cardinale Spencer, irato e depresso fino al tentato suicidio per la mancata nomina papale, che è sempre sul punto di ritornare in gioco e che, tuttavia, non lo fa mai sul serio perchè si scopre sempre marginale e sorpassato.

Ci sono poi Sofia Dubois, la responsabile del marketing in Vaticano, ed Esther, la giovane donna devota e moglie sterile di una guardia svizzera.


Da sottolineare che di trama qui ce ne è ben poca e che il ritmo del racconto è sostenuto esclusivamente dai dialoghi ai quali, per capire qualcosa e per leggere tra le righe, è necessario fare attenzione.

Di certo tutti si saranno chiesti perchè proprio la scelta del nome sia caduta sul “Pio” anzichè, ad esempio,  su un “Benedetto” o “Leone” o “Paolo”, giusto per rimanere ai nomi degli ultimi papi.

Qui sarebbe da chiedersi se la scelta sia avvenuta dall’ascolto del professore Alberto Melloni, storiografo e studioso di storia del Cristianesimo e in particolare del Concilio Vaticano II. Forse l’aurea di fermezza e mistero, o forse la parabola più prossima ad un destino beffardo hanno prevalso nella scelta del nome ricordando così la platealità e teatralità di alcuni gesti di Pio XII o forse, ancora,  riallacciandosi al discorso pronunciato da Pio XI nel ’29,  in occasione dei Patti Lateranensi, all’Università del Sacro Cuore di Milano in cui Mussolini sarebbe stato  additato come “un uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare ...”.

Malgrado questo, due anni dopo, nell’enciclica “Non abbiamo bisogno”, Pio XI condannerà il fascismo come dottrina totalitaria.

Certo che il gesto di Lenny Belardo nel presentarsi al balcone di S. Pietro dinnanzi al popolo con le braccia allargate e il viso rivolto verso il cielo, ricorda gli stessi gesti del suo predecessore Pio XII, ma se qui papa Pacelli

invocava in tale modo lo Spirito Santo in virtù della sua azione mediatrice, di pontifex - colui che costruisce ponti, permette mediazioni -  il nostro protagonista invece non fa altro che ricordarci i discorsi politici alle folle dei leaders americani ...

Mano a mano che la serie procede nelle sue puntate, si delinea sempre più la figura di un pontefice che poi così mite non è, anzi; la sua asprezza e la sua crudeltà diventano insopportabili quando, rivolgendosi a suor Mary, colei che lo ha cresciuto, pretende di non essere chiamato più per nome ma col titolo di “Sua Santità”; per non parlare del modo con cui mortifica la suora e cuoca personale che si mostra affettuosa nei suoi confronti mentre lui le sottolinea come ami invece “i rapporti formali” a dispetto di quelli “amichevoli”, perchè questi ultimi sono sempre conflittuali e si concludono puntualmente in malo modo ...


“... dove ci sono rapporti formali ci sono riti

e dove ci sono riti regna l’ordine terreno ...”

Un pontefice spigoloso, intransigente, dispotico, che non vuole mostrare nè sè stesso nè la sua immagine al popolo; irraggiungibile,  a sentire le sue parole, non per la sua ieraticità ma come una rock star, come Mina, ancora più potente nella sua invisibilità, nella sua assenza ... Nella prima omelia le parole che rivolge alla gente in piazza San Pietro sono severe, austere: “ ... ci siamo dimenticati di Dio... non vi indicherò nessuna strada, cercatela ...”.

Del resto uno degli aspetti che Sorrentino vuole mettere in luce dell’ambiente ecclesiale è senza dubbio la fragilità della figura del papa nella sua essenza umana, in quella umanità che sta tra il peccato e la mistica, una dualità di bontà e cattiveria; così tende spesso a mostrarci personaggi che sono si figure che ricoprono una carica ma che, nello stesso tempo, possiedono le debolezze e le insicurezze comuni a qualsiasi individuo.


“Sono una contraddizione. Come Dio: uno e trino, trino e uno. Come la Madonna: vergine e madre. Come l’uomo: buono e cattivo.”


Ci sono poi due aspetti estremamente antitetici della serie televisiva: da una parte il descrivere il pontefice attraverso gesti abitudinari e dettagli alquanto curiosi e assurdi, talvolta stucchevoli e non necessari,  volendo usare degli eufemismi. Pio XIII fuma assiduamente, scende dal suo letto e indossa gli infradito in gomma, fa “merendina” e a colazione consuma solo una Coca Cola Cherry. L’assurdità stravagante si palesa anche nella scena dedicata ai vari regali che riceve, che non solo vengono accatastati in un grande spazio delle vanità ma nel mostrare quel canguro offerto dal ministro degli esteri australiano e che sarà ospite, da lì in avanti, dei giardini vaticani - un canguro?! -

E che dire della (grande) bellezza del papa/Jude Law, sottolineata e apprezzata da coloro che in Vaticano lo circondano; Sorrentino decide anche - in una scena appiccicata lì a forza - di mostrarne anche il perfetto fondo schiena nudo ...


Senza parlare poi di quale sarà mai la ragione, da parte del regista, di inserire nella colonna sonora un brano di Nada che, se nel film compiace il pontefice e la delegazione islandese (e perchè mai gli islandesi dovrebbero regalare un quarantacinque giri in vinile di Nada?), è riuscito invece a rilanciare  in vetta alle classifiche dei brani musicali maggiormente ascoltati.


Un altro aspetto,  che ci sembra invece essere positivo e apprezzabile della regia,  riguarda alune scene affiancate da  dialoghi ben studiati ed interessanti, sia dal punto di vista della qualità estetica che da quello simbolico. Bella, all’inizio della seconda puntata, la carrellata con MDP che riprende ininterrottamente in sequenza  i gesti comuni e semplici della vita quotidiana dei cardinali all’interno del Vaticano, da quello dell’alzarsi a quello del vestirsi; oppure il simbolismo dei dettagli, come nella scena in cui una tartaruga cammina flemmaticamente su di un muretto dei giardini vaticani, quasi a rappresentare i ritmi lenti della vita all’interno dello Stato Pontificio o il simbolismo del mancato papa di Villa D’Este a Tivoli.

Così come si mostrano degne di nota le scene di alcuni tableaux vivant che rimandano a scene pittoriche cinquecentesche sia per gli ambienti che per personaggi e atmosfere; le citazioni cinematografiche balzano invece all’occhio dello spettatore nella scena del mappamondo alle spalle del pontefice con un chiaro riferimento a ”Il grande dittatore” di Chaplin, così come è di sapore morettiano la partita a calcio delle suore che fa da eco a quella de “La messa è finita” e di pallavolo tra i cardinali di “Habemus papam” sempre di Moretti.

Lenny Belardo si sente un predestinato, lo svela in un dialogo intimo con monsignor Gutierrez; “ ... tutto ciò che mi viene nascosto, mi viene svelato ...”; confida infatti al monsignore che possiede “ ... una grande capacità ...”, quest’ultimo ribatte che è una virtù per un papa,  ma è ancora una volta il pontefice a precisare, quasi sussurrando in un misto  di  dolore e forse ebbrezza, che non si tratta di capacità ma di destino  ... la domanda sorge spontanea: quale destino? La virtù che viene da Dio e che quindi legge nei cuori o quella più luciferina che conosce la passione dell’uomo?


Al termine del quarto episodio della serie, ma in effetti già dalla prima puntata, ciò che non risulta ben chiaro, come già abbiamo accennato,  è quale sia lo scopo di tutta questa operazione da parte di Sorrentino, ma del resto, qualcuno ha forse intuito quale fosse il fine ultimo di tutti i suoi film precedenti?

C’èforse qualcosa oltre un certo svagato autocompiacimento cui non accediamo ancora? Qualcuno può forse darci un suggerimento ...

I Vostri commenti

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Ciao Onorina, ti dico subito che non ho visto neppure una puntata di Young Pope.

"e allora che parli a fare?" potresti dirmi...in effetti è quello che mi chiedo anch'io! Però lo voglio fare ugualmente. Se uno parlasse solo a ragion veduta, allora vivremmo nel più totale silenzio.

Ho letto la tua recensione, i tuoi commenti e le osservazioni. La domanda che ti pongo è questa: e se fosse soltanto un'operazione commerciale? Se non ci fosse nulla da mostrare/dimostrare? Se davvero fosse solo uno sterile esercizio di regia, volto a produrre e distribuire un soggetto confezionato per il mondo anglosassone sfruttando il nome di Sorrentino, almeno finché questo è possibile?

Non credo che le serie televisive, per quanto ben confezionate, possano avere "qualcosa" dietro (o di fianco o davanti...).

Ti ripeto, non l'ho vista e non mi interessa neppure l'argomento, tanto più se prodotta da un Sorrentino in fase di "piena euforia" post Oscar.

Apprezzo, comunque, il tuo pezzo, che si pone molte domande e, anche se non dà risposte, indica una certa direzione (se ho capito bene)


Carlo Alberto B.